Cosa significa soffrire di Narcolessia

Cosa significa soffrire di Narcolessia?

Attraverso la descrizione dei sintomi caratteristici, fattori predisponenti e scatenanti e accenni di trattamento, verrà descritto all’interno di questo articolo cosa significa soffrire di Narcolessia e quali sono i possibili rimedi.

Che cos’è la Narcolessia?

Quanto è frequente la narcolessia?

Quando sospettare la Narcolessia?

Che cosa causa la narcolessia?

Come si fa diagnosi di narcolessia?

Come si tratta la narcolessia?

Che cos’è la Narcolessia?

La Narcolessia è una patologia neurologica, caratterizzata da eccessiva sonnolenza diurna, spesso vissuta come ricorrenti attacchi di sonno incoercibili, che si manifestano nel corso della giornata. Essa è causata da un’incapacità del cervello a regolare in maniera fisiologica il ritmo sonno-veglia.
Nel soggetto sano esistono due fasi diverse di sonno: il sonno NREM (non rapid eye movement), costituito da sonno leggero e profondo, e il sonno REM (rapid eye movement), in cui si manifestano circa l’85% dei sogni. Nel sonno REM, inoltre, si assiste ad una condizione di paralisi a carico di quasi tutti i muscoli del corpo, eccetto i muscoli oculari e il diaframma, che sostiene la respirazione. Quando ci si addormenta, il sonno inizia nelle fasi più leggere di sonno NREM per poi approfondirsi progressivamente. Ogni 90 minuti circa il sonno NREM lascia spazio al manifestarsi del sonno REM. Nel soggetto sano questa alternanza NREM e REM si ripete più volte nel corso della notte.
Nei soggetti affetti da narcolessia si assiste ad una rapida ed atipica emergenza di sonno REM, nei 15-20 minuti che intercorrono dopo l’addormentamento, e ad intrusioni di sonno REM durante il giorno. Gli attacchi di sonno diurni compaiono in genere ogni 90-120 minuti e, spesso, al risveglio da un sonnellino di 5-15 minuti, il soggetto ricorda di aver sognato e si sente discretamente riposato.

Quanto è frequente la narcolessia?

La Narcolessia colpisce circa 1 persona su 2000 (0.05% della popolazione) con distribuzione simile nei due generi. Usualmente l’inizio della sintomatologia è nell’adolescenza. Tuttavia alcuni studi hanno suggerito che i sintomi possono iniziare già nell’età infantile (2-3 anni) o più tardi tra i 25-40 anni. E’ tendenzialmente sotto diagnosticata in tutto il mondo e generalmente si ha un ritardo nella formulazione della diagnosi di circa 10 anni, dopo l’inizio dei sintomi.

Quando sospettare la Narcolessia?

I sintomi cardine della narcolessia sono:

Sonnolenza diurna: si esprime con attacchi di sonno incoercibili e talora non preavvertiti. Il sonno totale nelle 24 ore è generalmente di durata normale, mentre sono la continua predisposizione alla sonnolenza e all’addormentamento e le circostanze nelle quali ciò si verifica (es. guida dell’auto, nel corso della conversazione, durante i pasti, ecc.) ad essere inusuali.

Cataplessia: è un improvviso breve e reversibile episodio di debolezza muscolare che accade in concomitanza con stimoli emozionali, come riso, sorpresa, rabbia, gioia o tristezza. Questa può coinvolgere tutti i muscoli e risultare in una caduta al suolo, oppure solo alcuni gruppi muscolari e determinare il cedimento di un segmento corporeo (es. ginocchia, capo, mandibola). Talora durante il colloquio la parola può divenire farfugliante per inabilità a muovere i muscoli necessari per la fonazione. Questi episodi possono durare da pochi secondi a minuti e la coscienza di solito è mantenuta per tutto l’evento. Si pensa che la cataplessia sia legata alla paralisi dei muscoli, tipica del sonno REM, che intrude in maniera patologica nella veglia. Fino al 80% dei soggetti narcolettici può manifestare tale condizione, che usualmente si sviluppa alcuni anni dopo la comparsa dell’eccessiva sonnolenza diurna.

Paralisi del sonno: è un’esperienza terrifica, durante la quale il soggetto si sente improvvisamente incapace di muoversi o parlare e talvolta persino respirare. La paralisi dei muscoli può anche essere accompagnata da allucinazioni. Questo fenomeno può durare da alcuni secondi a minuti ma spesso viene percepito come molto più lungo. Dal 10 al 60% dei soggetti affetti da narcolessia può manifestare questo sintomo, anch’esso dovuto all’intrusione del sonno REM nella veglia.

Allucinazioni ipnagogiche o ipnopompiche: sono esperienze simil oniriche vivide che si verificano all’addormentamento (ipnagogiche) o al risveglio dal sonno (ipnopompiche). I soggetti talvolta descrivono di vedere insetti sulle pareti, o di udire rumori in casa. Queste esperienze sono anch’esse legate alle caratteristiche della REM,in questo caso il contenuto onirico, che intrude nella veglia. Circa il 30-60% dei narcolettici può manifestare questo fenomeno spesso abbastanza spaventoso. Allucinazioni e paralisi del sonno possono manifestarsi anche nei soggetti sani in maniera occasionale e soprattutto in concomitanza con deprivazione di sonno.

Altri sintomi meno specifici, ma comunque frequentemente lamentati dai soggetti narcolettici, sono: frammentazione del sonno notturno, cefalea, depressione e problematiche psicosociali. Solamente il 10% – 15% dei narcolettici manifesta la sintomatologia completa. Il primo sintomo a comparire è solitamente l’eccessiva sonnolenza diurna. La cataplessia si può verificare entro 1 – 4 anni, ma può tardare anche 40 – 60 anni.

Che cosa causa la narcolessia?

La narcolessia è una patologia la cui causa scatenante non è ancora conosciuta. Recenti ricerche hanno mostrato che numerosi neurotrasmettitori sono coinvolti. Il più importante di questi è l’ipocretina (anche conosciuta come orexina), che nei narcolettici si è dimostrata ridotta all’interno del liquor cefalo-rachidiano, fino alla completa scomparsa nel 90% dei soggetti affetti da narcolessia con cataplessia. È stata inoltre evidenziata una riduzione dei neuroni ipotalamici secernenti questo composto in rilievi autoptici di soggetti affetti.
Solamente 1% dei casi di narcolessia presenta familiarità. Il rischio del riscontro di narcolessia fra parenti di primo grado è del 1% – 2%, quindi 30 – 40 volte più alto della popolazione generale. Questo significa che i fattori genetici giocano un ruolo fondamentale in questa patologia.

Come si fa diagnosi di narcolessia?

I pazienti con sospetto di narcolessia devono essere inviati ad un Centro che si occupa di patologie del sonno. Per porre diagnosi di narcolessia è necessario che il soggetto lamenti presenza d’ipersonnia diurna quasi quotidiana da almeno 3 mesi, che potrà essere associata, quando presente, a storia di cataplessia.
I rilievi anamnestici devono essere confermati tramite l’esecuzione del test delle latenze multiple (Multiple Sleep Latency Test MSLT). MSLT è un test diurno dove 4-5 volte nel corso della giornata viene chiesto al paziente di provare ad addormentarsi . Ogni sessione può durare fino a 35 minuti e viene intervallata da 2 ore di pausa. Viene considerato indicativo della patologia il riscontro in corso di MSLT di una latenza media di addormentamento inferiore a 8 minuti e la comparsa di sonno REM in almeno 2 delle sedute.
Una polisonnografia notturna, in genere eseguita la sera prima dello svolgimento del MSLT, può evidenziare una comparsa precoce di sonno REM dopo l’addormentamento.
In alternativa, il dato anamnestico può essere confermato con dosaggio dell’ipocretina-1 liquorale, che deve risultare ≤110 ng/l.

Come si tratta la narcolessia?

La terapia della narcolessia si basa prima di tutto su un approccio comportamentale che prevede l’instaurazione di pisolini strategici di 15-20 minuti, collocati in coincidenza con i momenti della giornata in cui la sonnolenza è più irresistibile; in genere dopo ogni breve siesta il paziente si sveglia riposato e questo gli garantisce un’autonomia del livello di vigilanza per altre 3-4 ore, quando dovrà ricorrere ad un nuovo sonno breve. Il modello simulato del sonno nel paziente con narcolessia mostra infatti un ritmo ultradiano di circa 4 ore perfettamente assimilabile alla necessità soggettiva dei pisolini ristoratori. Viene inoltre consigliato di mantenere regolari gli orari del sonno notturno, evitare stress ed attività fisica nelle ore serali. Il lavoro a turni risulta sconsigliato in questi soggetti.
La terapia farmacologica, invece, si basa su diversi principi attivi volti principalmente al controllo della sonnolenza diurna (es. modafinil, pitolisant, sodio oxibato).
Per quanto riguarda la cataplessia può essere così leggera da non richiedere nessuna terapia, inoltre, sovente, i pazienti stessi tendono a evitare le situazioni che sanno essere scatenanti per gli episodi di cataplessia. Quando questo sintomo diventa invece invalidante si può ricorrere all’uso di farmaci come per esempio il sodio oxibato, il pitolisant, oppure diversi antidepressivi (triciclici, es. cloripramina, SSRI, es. fluoxetina, sertralina, o venlafaxina).
Alla luce dell’ipotesi, attualmente sempre più plausibile, che la narcolessia abbia una causa autoimmune sono state tentate anche terapie come immunoglobuline, plasmaferesi e cortisone i cui risultati sono però ancora controversi.

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